A.C. 9-A ed abbinate
Signora Presidente, cari colleghi, mi è impossibile nascondere oggi l'emozione e l'orgoglio per questa dichiarazione di voto a nome del Partito Democratico su un provvedimento che non esagero a definire un tassello fondamentale per il futuro del nostro Paese: la riforma della legge sulla cittadinanza, dopo ventitre anni di attesa, per i bambini nati e cresciuti in Italia.
Una norma di civiltà che riconosce a chi è nato e cresciuto nel nostro Paese di potersi finalmente riconoscere cittadino a pieno titolo nel Paese che lo ha cresciuto, il cosiddetto ius soli temperato per i bambini che sono nati nel nostro Paese da genitori stranieri ma ormai radicati in Italia e lo ius culturae per coloro che sono arrivati in Italia sotto i 12 anni e che hanno frequentato almeno per cinque anni la scuola italiana. Una riforma attesa da tanti, da troppi anni da una nuova generazione di italiani di fatto ma stranieri per legge, una riforma richiesta e sollecitata attraverso centinaia di iniziative in piccoli e grandi comuni che in modo trasversale ci hanno chiesto in questi anni semplicemente di ratificare il cambiamento già avvenuto nel Paese. Ci hanno chiesto di aggiornare una legge importante come quella sulla cittadinanza al passo con i tempi che viviamo e nell'interesse del futuro che ci aspetta, un futuro inevitabilmente multiculturale che abbiamo il dovere di costruire insieme ai nuovi cittadini nella condivisione dei valori dettati dalla nostra Costituzione. Chi nasce e cresce in Italia è italiano. È la storia di un percorso di riflessione e ascolto, di una battaglia di civiltà portata avanti con convinzione da parte del Partito Democratico e che ha trovato nel Paese una larghissima condivisione e una straordinaria convergenza con il mondo dell'associazionismo fino a tradursi in una straordinaria campagna nazionale, L'Italia sono anch'io, grazie alla quale sono state raccolte oltre duecentomila firme e una proposta di iniziativa popolare che oggi viene recepita in alcune sue parti in questo nostro testo unificato. Grazie dunque a tutto il mondo del terzo settore, grazie ai nostri sindaci, grazie alla nostra scuola e grazie a diverse reti di seconde generazioni che, con pazienza e caparbietà, ci hanno chiesto questa legge. Le loro storie, signora Presidente, sono anche la mia storia personale che mi permetto, in questa sede prestigiosa e istituzionale, di raccontare in una breve parentesi. Ricordo come fosse ieri quel freddissimo dicembre del 1992: a nove anni, atterrato a Malpensa e finalmente felice e commosso per la possibilità di riabbracciare il mio papà, tappezziere e poi operaio metalmeccanico, costretto a migrare alla ricerca di un futuro migliore per la sua famiglia prima a Palermo e poi in Emilia. Non smetterà mai di essere grato, mio padre, insieme a molti altri, ad un Paese che lo ha accolto e che ha adottato i sui figli e oggi certamente lui, insieme a tutti i migranti che con fatica hanno lavorato per il bene di questo Paese, saranno grati ad un Paese che finalmente riconosce i loro figli.... ...dopo anni di sacrifici, figli legittimi, nuovi italiani di questa nuova loro comunità. Una norma di civiltà quindi che permetterà ai figli di immigrati nati o cresciuti in questo Paese di considerarsi finalmente, a pieno titolo, figli legittimi di una madre, l'Italia, della cui lingua e dei suoi mille dialetti sono diventati padroni, tifosi delle sue squadre e innamorati della sua bellezza. Questa è la storia dei nuovi italiani. Stiamo parlando di una generazione, signora Presidente, di bambini e ragazzi che popolano le scuole e gli oratori, i campi di calcio, le palestre di città e periferie. Hanno nomi, origini e religioni diverse ma nutrono passione e amore per l'unico Paese che hanno davvero conosciuto: l'Italia. Quando tornano in vacanza nei Paesi di origine dei loro genitori sentono immediatamente la nostalgia per la loro vera patria, eppure al rientro sono costretti a fare file riservate agli stranieri. Sono italiani costretti a portare in tasca e ad esibire un permesso di soggiorno nella città dove sono nati. Sono la cosiddetta generazione Balotelli per i cui goal in nazionale ci siamo tutti emozionati ma che non possiamo appunto più trascurare quando questi ragazzi ci chiedono semplicemente di essere riconosciuti per quello che sono, per la loro identità, per il loro modo di amare e vivere in un Paese come l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Questa generazione ci chiede oggi semplicemente di essere riconosciuta per quello che è e allora oggi noi siamo qui per scrivere una nuova pagina della nostra storia e stiamo per fare un passo decisivo verso il futuro dell'Italia nell'Europa e del modo di domani, aggiornando la legge sulla cittadinanza n. 91 del 1992 che è stata ormai riconosciuta da tutti come una legge ormai superata e lo dimostrano le moltissime proposte di legge che sono arrivate da tutti i gruppi parlamentari senza eccezione. Una legge fondata sullo ius sanguinis, quella che stiamo per superare, nata guardando in particolare alla diaspora italiana e al suo rapporto legittimo con il Paese di origine, con l'Italia, ma che oggi noi comunque abbiamo il dovere di superare. Oggi con lo ius solivogliamo guardare soprattutto al presente e futuro del Paese. Per noi la nuova legge sulla cittadinanza per chi nasce o cresce in Italia significa, oltre a riconoscere un diritto fondamentale per chi è già parte integrante della nostra società, riconoscere all'Italia finalmente il diritto di diventare un Paese al passo con la modernità. Significa dare al nostro Paese il diritto di guardarsi allo specchio senza paure e vivere il suo futuro affrontando le nuove sfide globali, forte di una comunità nazionale multiculturale e, contemporaneamente, ancorata ai sui valori costituzionali; il diritto dell'Italia a servirsi finalmente di una nuova generazione di italiani che portano con sé esperienze che magari hanno origini lontane, ma che possono offrirci un contributo utile per allargare i nostri orizzonti; il diritto dell'Italia di poter beneficiare di una marcia in più, grazie a una generazione di nuovi italiani ansiosi di poter finalmente partecipare, con tutte le loro energie, al successo nel nostro Paese. Lo ha dimostrato qualche settimana fa, per esempio, il giovane Yassine Rachik, il quale, appena divenuto italiano, grazie alla sensibilità del Presidente Sergio Mattarella, che da qui vogliamo ringraziare per la sua grande attenzione a questi temi che ha ribadito anche nel suo discorso di insediamento in quest'Aula, ha vinto la sua prima medaglia da italiano, è salito su quel podio, ha abbracciato la bandiere italiana e ha cantato l'inno nazionale con orgoglio e con gioia e felicità(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Allora, la nuova proposta di legge sulla cittadinanza non è solo, quindi, una riforma che elimina le discriminazioni e riconosce un diritto a chi nasce e cresce in Italia, ma, finalmente, è una riforma che aiuterà l'Italia a diventare ancora più forte nella sfida della globalizzazione. È una proposta di legge che per il Partito Democratico rappresenta certamente l'inizio e non la fine di un percorso di cambiamento nella società che ci vede oggi orgogliosi di affermare i nuovi diritti, ma consapevoli, allo stesso tempo, delle nuove sfide che ci attendono. La cittadinanza per noi, signora Presidente, non può ridursi semplicemente alla consegna di un nuovo passaporto, ma come per tutti i cittadini deve tradursi in valori condivisi, impegno per il bene comune e partecipazione a tutti i livelli. Noi non siamo per nessuna scorciatoia demagogica, lo dico a chi in quest'Aula, poco fa, ha tirato fuori argomentazioni del tutto inopportune in questa sede. Noi stiamo parlando dei bambini e dei ragazzi nati e cresciuti in Italia, non parliamo di immigrazione in generale e, quindi, dobbiamo riconoscere che non c’è alcuna scorciatoia demagogica in questa legge, ma siamo per un percorso di piena inclusione dei nuovi italiani attraverso un serio investimento sulla scuola pubblica in materia di educazione civica, di promozione dell'interculturalità, di educazione alla cittadinanza per tutti i protagonisti di domani.
Un impegno finora svolto, quello dell'educazione, grazie alla scuola, in silenzio e non sempre con mezzi sufficienti. Allora le vere eroine a cui va il nostro ringraziamento sono le nostre maestre, le insegnanti della scuola pubblica che, in questi anni, sono state la vera agenzia di educazione all'integrazione in questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). Io ricordo maestra Lucia, nella mia scuola elementare, per esempio, in provincia di Parma, che mi ha fatto amare la lingua italiana, la poesia e la grammatica, portandomi ad essere molto più bravo di tanti miei compagni che erano italiani di sangue. Quello è l'esempio di chi, oggi, in questi vent'anni, ha lavorato davvero per l'Italia della convivenza ed è l'Italia che noi già vediamo nella realtà e che troppo spesso dimentichiamo o facciamo finta di non vedere. Maestra Lucia, maestra Carmen, maestra Elsa, tante maestre che da qui voglio ringraziare a nome del PD e a nome di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché hanno dato speranza a questo Paese e noi siamo qui, oggi, semplicemente a rispondere a quelle che sono le nuove richieste, le richieste di tanti genitori che vedono quotidianamente i loro figli insieme a tanti altri bambini che magari hanno colori diversi, nomi diversi, ma che sono i migliori amici dei loro compagni. Allora, noi su questa scuola dobbiamo investire, su questo modello di convivenza dobbiamo investire. Dovremo investire sulla scuola, ma dovremo investire anche su quello che è il tessuto sociale del nostro Paese, sulle parrocchie di periferia, sulle nostre città, sui nostri sindaci che abbiamo il dovere di ringraziare, perché in questi anni sono stati in grado di mettere da parte anche le loro differenze in quei consigli comunali e approvare insieme delibere e ordini del giorno che ci chiedevano, tutti insieme, di cambiare questa legge e di riconoscere, finalmente, quei bambini come figli dei loro comuni, figli dei loro municipi.
E allora, infine, vorrei davvero, da qui, riconoscere il contributo all'emerito Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, più di una volta, ci ha ricordato la necessità di cambiare questa legge, definendo il nostro ritardo come una follia non ammettere questo diritto sacrosanto a un milione di bambini e ragazzi nati qui. Giorgio Napolitano e Livia Turco, allora Ministro, già negli anni Novanta iniziarono a ragionare sul tema della cittadinanza. A loro va il nostro grazie ma il grazie va anche a lei, Presidente Boldrini, per la sua sensibilità, alla nostra relatrice Marilena Fabbri, a tutti i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione che in questo giorno che non esito a definire storico fanno un passo avanti, rispondendo alle necessità del nostro Paese e cambiando finalmente quella che è la nostra società, riconoscendo quello che è il valore aggiunto dei nuovi italiani per una nuova Italia(Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia - Centro Democratico – Congratulazioni).